Assente ingiustificata Lindsay Lohan, hot e maledetta nel film The Canyons

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In The Canyons è nuda, sboccata, disillusa. Si stenta a riconoscerla, tanto è provata dagli eccessi degli ultimi anni. Perfetta per il suo personaggio che sa di autobiografico: un’aspirante attrice senza particolare talento, che passa i suoi giorni tra piscina e party mondani, orge e perversioni sessuali condivise con il compagno, un potente produttore (che ha il volto e non solo del pornodivo James Deen) traditore ma possessivo. Parliamo di Lindsay Lohan, tra le star più attese sul red carpet del Lido, che all’ultimo minuto ha dato forfait e fatto così tirare un sospiro di sollievo al regista: “Ora siamo liberi, ci ha tenuto per mesi sotto scacco”.

C’è da ammettere che Paul Schrader ci ha visto lungo: ha sfruttato il magma emotivo della sua attrice per dar vita a un personaggio borderline, devastato, che esce al meglio in una performance del tutto fisica, carnale, lacerante. E veniamo subito al punto: la critica internazionale ha stroncato il film, quella nazionale lo sta già facendo. Ma noi ci uniamo a Variety nel sostenere che questa pellicola, a ben vedere, non è poi così male.

Primo, perché dietro la macchina da presa c’è un certo autore di capolavori quali Taxi Driver, Toro scatenato e L’ultima Tentazione di Cristo. Secondo, perché l’intenzione era filmare e firmare la vacuità di una Los Angeles senz’anima, dove pur di diventare famosi si vendono quotidianamente corpi e ideali a svariati diavoli. Il risultato è un noir cattivo, visivamente (pre)potente, con una regia che esagera nei virtuosismi (suggestivi i continui movimenti di macchina, ma i protagonisti che guardano fisso in camera alla lunga stancano) ma sa inchiodare i suoi personaggi raccontandone i lati più oscuri.

Tutti sono colpevoli, nessuno sconto di facile perbenismo, un film che lascia l’amaro in bocca, girato per altro con pochi soldi: “Siamo partiti con un budget ridottissimo e i finanziamenti sono arrivati quasi esclusivamente da Internet con molti attori scritturati online. Abbiamo risparmiato sul trucco, sui trasporti e i vestiti, cercando di far capire che stiamo entrando in una nuova epoca. Addio cinema del Novecento”, ha dichiarato Schrader. E sulla sua protagonista ha aggiunto: “È un’attrice temeraria, ma continuamente vicina ad una sorta di esaurimento che finisce per coinvolgere tutto il set. Però è stata brava nel suo primo ruolo duro”. Meno brava nel dare buca all’ultimo minuto, ma si sa che a Venezia, per una curiosa tradizione, finiscono per notarsi sempre di più gli assenti.

Di Claudia Catalli per Oggi al Cinema

Emma, Alba e Elena: il primo film italiano è donna

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Dopo la coraggiosa epopea spaziale di Sandra Bullock (Gravity), oggi è stato il turno di una storia tutta al femminile.

Via Castellana Bandiera, primo dei tre film italiani in concorso, vanta la regia di Emma Dante, nota autrice teatrale siciliana, e le performance di Alba Rohrwacher e della strepitosa inteprete teatrale Elena Cotta, che a 82 anni calca fiera il suo primo tappeto rosso.

Una contaminazione cinema-teatro, dunque, è alla base dell’anti-road movie della Dante, che schiera se stessa (è sia attrice che regista) e la sua protagonista una contro l’altra in due automobili diverse, decise a tutto tranne che a spostarsi. Immobili, ma sempre sulla strada, due donne si confrontano con gli sguardi, stile western: “Chi non sogna di realizzare un western nella vita, dopo tutto? La sfida fa parte dell’essere umano”.

Il film segna il suo debutto dietro la macchina da presa: “Non avrei potuto raccontare questa storia a teatro: avevo bisogno della strada della polvere e della carne, quindi è stato un passaggio naturale”. Il lavoro preparatorio, invece, è stato il medesimo a cui era abituata: “Prove e prove con Alba e il resto della compagnia: la squadra per me è tutto“.

Alba nel film interpreta la sua donna, è la parte più rock e ribelle di una coppia omosessuale in crisi. E il legame con quella che definisce senza mezzi termini la “regista del mio cuore” è evidente: “Posso continuare a testimoniare che il metodo Emma Dante funziona. Fa un lavoro duro con gli attori, richiede molto, sai di essere portata all’estremo ma anche che solo lei riesce a tirare fuori i fantasmi, qualcosa che non sapevi neanche di avere, ma che lei è capace di evocare”.

Evocare è il verbo giusto per sintetizzare anche il notevole lavoro espressivo della Cotta: “Il desiderio di qualunque attore è riuscire a esprimere una frase solo con la mimica gli sguardi e l’intensità. Per farlo devi rinunciare a tutta la coloritura del linguaggio, per essere solo un viso, una tensione,  un’espressione continua: sì, è stata una sfida, ma così bella da essere memorabile”.

Di Claudia Catalli per Oggi al Cinema

FOTO: Federica De Masi © Oggialcinema.net

Venezia apre con George Clooney e Sandra Bullock

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Apertura in grande stile con l’emozionante space-kolossal Gravity, straordinaria lezione di cinema firmata da Alfonso Cuaron. Lezione di cinema perché mostra come usare il 3D senza mai essere irrispettosi o invasivi nei confronti dello spettatore. Lezione di cinema perché prova che due superstar come Sandra Bullock e George Clooney possono essere utilizzate per performance intense e verosimili anche chiuse in ingombranti tute aerospaziali. Lezione di cinema perchè mette la tecnica (effetti speciali, 3D ecc) al servizio della sostanza (la storia di una donna che lotta per sopravvivere, anzitutto dai dolori del passato). Lezione di cinema infine perché prova come un disaster movie possa essere anche poetico e profondo, unire l’azione a una narrazione di spessore, con introspezione e analisi dei personaggi per nulla superficiali o scontate.

Così il regista, già applaudito per Figli degli uomini: “È un film sulle avversità che tutti incontriamo nella vita: è in base a come le si affrontano che ci definiamo come uomini”.

Con il solito charme e ironia, George Clooney ha aggiunto: “Sandra è stata straordinaria. Ha lavorato moltissimo sulla lentezza e si allenava come una pazza. Quanto a me, ho dovuto giusto bere qualche bicchiere in più per calarmi bene nel ruolo”. Nel film interpreta, con il solito tono scanzonato a cui ci ha abituati, un astronauta-angelo custode, unico sopravvissuto insieme alla Bullock ad una catastrofe spaziale (tralasciamo i dettagli per non rovinare le sorprese, i colpi di scena nel film sono continui ed efficaci): “Negli ultimi anni seleziono i film in base a tre ingredienti principali: sceneggiatura, regia e attori. E in questo caso più che mai non potevo affatto dire no”.

Conclude Sandra Bullock, smagliante nella sua mise colorata, più affascinante che mai: “È stata una sfida incredibile, sia fisica che psicologica, ma non volevo deludere nessuno, soprattutto tutte quelle persone straordinarie che sono lì nello spazio per noi, e adorano il nostro pianeta, e invece sono lassù e rischiano pur di salvarci. E poi mi sono chiesta per cosa dovrebbe lottare una donna che non ha alcun motivo per andare avanti. Mi sono risposta: per vivere. Si lotta comunque per vivere“.

Di Claudia Catalli per Oggi al Cinema

FOTO: Federica De Masi © Oggialcinema.net

Venezia da “bollino rosso”

Eros (tanto), politica del passato (da Solidarnosc alla Guerra Preventiva), viaggi nello spazio.

La 70sima edizione del Festival del Cinema di Venezia, al via il 28 agosto, ha molti spunti di interesse, prima che le pellicole vengano proiettate per giorni sul grande schermo della Laguna.

Partiamo dall’inizio e voliamo fuori orbita. Dopo anni – tanti – d’attesa torna nelle sale un lavoro del messicano Alfonso Cuaron, premio Oscar con Y tu mama también nel 2001. Oltre cinque anni di preparazione per Gravity, con George Clooney e Sandra Bullock (attesi entrambi al Lido). Molte le difficoltà produttive, i cast annunciati e smentiti, le difficoltà legate al 3D. A Hollywood girava una battuta sarcastica “è più facile andare sulla Luna che portava Gravity nelle sale”. Cuaron cercherà di sfatare tutte le malelingue. Alberto Barbera, padrone di casa e direttore artistico della Mostra, ha scommesso sul nativo di Città del Messico per l’apertura delle danze.

Al Lido non mancherà l’eros. Tre pellicole “da bollino rosso” parteciperanno alla kermesse. Istintobrass, documentario sul regista del soft-porno italiano Tinto Brass, per la regia di Massimiliano Zanin, suo fidato sceneggiatore dai tempi di La chiave.

Si spinge ancor più in là Paul Schrader, già autore di American Gigolò. Con The Canyons Lindsay Lohan e James Deen racconteranno la storie di ventenni californiani di Los Angeles dove il sesso è “l’attore protagonista”.

Luci rosse anche per il regista coreano Kim Ki-duk, vincitore dodici mesi fa con Pietà. Con Moebius porta in scena un padre eternamente infedele che decide di evirarsi per espiare le proprie colpe.

Dall’eros alla politica il salto (spesso) è lungo. Nel documentario The unknown known il protagonista è Donald Rumsfeld, ex segretario di Stato alla Difesa americana durante l’amministrazione di George W. Bush. Il più giovane (con la presidenza Ford) e anziano a ricoprire il ruolo è stato lungamente intervistato da Errol Morris, premiato Oscar nel 2004 con The fog of war: la guerra secondo Robert McNamara. Un racconto americano dagli esordi degli anni Sessanta fino all’invasione dell’Iraq del 2003 e del principio della Guerra preventiva contro il terrore dopo gli attentati alle Torri Gemelle.

Terrore che ha vissuto con i propri occhi nell’era comunista Lech Walesa, leader storico di Solidarnosc e delle lotte operaie della Polonia, poi Presidente della Repubblica e premio Nobel per la Pace del 2003. Andrzej Wajda porta al Lido L’uomo della speranza, ritratto del nativo di Popowo, tra pubblico e privato.

Con Ukraine is not a Brothel sbarcano al Lido le “cattive ragazze” di Femen, il gruppo femminista di protesta noto per le manifestazioni in topless. Kitty Green racconta (fuori concorso) gli ideali nati nelle strade dell’Ucraina postsovietica. A Berlino fecero la loro apparizione quasi a sorpresa, a Venezia è praticamente certa.

Come certa la non-presenza dell’ex ciclista Lance Armstrong. A lui è dedicato il documentario The Armstrong Lie di Alex Gibney sulle menzogne dell’atleta texano e la sua positività al doping.

Nella seconda settimana gli occhi e gli obiettivi saranno per Scarlett Johansson, star di Under the skin di Jonathan Glazer oltre che lo storico artista manga, creatore di Capitan Harloch, Leiji Matsumoto. Lunghissima la lista degli italiani presenti sullo schermo: da Paola Cortellesi a Luca Argentero, da Carolina Crescentini a Valerio Mastandrea. Bernardo Bertolucci sarà Presidente di giuria, Ettore Scola racconterà Fellini.

“L’estate sta finendo”…cantava una canzone del 1985 dei Righeria. La 70sima edizione di Venezia, al contrario, sta iniziando. Buon divertimento in Laguna.


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